#HebeEterna

Hebe de Bonafini, oggi ci consegna la sua eredità. Hebe oggi ha cambiato casa ma la lotta delle Madri partorita dai 30.000 desaparecidos continuerà.

Kabawil – El Otro soy yo saluta Hebe nel suo viaggio … L’esempio che ci hai dato ci guiderà sempre quando ne avremo bisogno. Evviva las Madres de Plaza de Mayo

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Oggi la Caravana a Buenos Aires con “Las Madres”

Buenos Aires 26 aprile 2022

Si è riunita oggi per le strade di Buenos Aires la carovana italiana arrivata in occasione dell’anniversario dei 45 anni de “Las Madres de Plaza de Mayo”.

Il programma denso di attività che è iniziato con un primo incontro con le madri presso la sede della loro associazione  nella piazza del Congresso di Buenos Aires.

Un luogo che è un museo, archivio storico di tutte le lotte portate avanti in questi 45 anni e università de Las Madres.

La sede dell’associazione ha una storia legata al movimento delle madri donata dai genitori benestanti di un giovane militante che riuscì a sfuggire alla cattura durante la dittatura militare da parte della polizia.

Entrando nell’edificio subito si respira un’atmosfera di lotta, di memoria e storia, di testimonianze del passaggio di tante persone che in questi anni hanno avuto la possibilità di studiare nelle aule e potere conoscere la storia della lotta de Las Madres.

La caravana ha visitato l’ufficio comunicazione e l’archivio dove sono raccolte le migliaia di documenti che testimoniano l’attività delle madri in tutti questi 45 anni.

Nella chiacchierata di benvenuto le madri hanno ribadito che il loro movimento non è solo un movimento storico che si è fermato alle manifestazioni di denuncia in piazza.

Negli anni hanno capito che era necessario sostenere la lotta con altri strumenti come la comunicazione attraverso la radio 530, i social, la rivista, il team legale, i film, i libri e le aule universitarie. La volontà è quella di trasmettere  alle nuove generazioni non solo le voci dissidenti dei loro figli nei confronti di un sistema in cui quella generazione non si riconosceva, ma la pratica della lotta, la tenacia e la fermezza che da 45 anni le spinge tutti i giovedì a scendere in piazza.

Un movimento che combatte tutte le forme di violenza e negazione dei diritti umani e sociali. Le madres rivendicano ancora oggi le idee di solidarietà e giustizia che i loro figli hanno portato avanti contro la dittatura militare e il sistema capitalistico anche con la militanza armata.

La loro rivoluzione è stata quella di essere le madri di tutti i desaparecidos, anche di quelli senza nome e senza una foto a ricordarne l’identità e che i vari governi hanno tentato di cancellare.

La storia di solidarietà e mutualismo delle madres e dei loro figli è in questo momento ancora più significativa in Argentina. A  Buenos Aires, infatti, in questi primi giorni abbiamo visto che i problemi dell’inflazione, il caro vita e la povertà  producono manifestazioni per i diritti sociali, per un salario degno e contro il Fondo Monetario Internazionale.

La povertà è evidente nelle strade dove tantissime persone vivono anche nuclei familiari con bambini piccoli. Quello che colpisce è che queste persone si trovano a vivere sotto le vetrine di negozi dei quartieri più ricchi, invisibili a chi cammina.

Il 28 di aprile sarà la giornata del 45º anno della prima ronda de Las Madres de Plaza de Mayo e sarà anche il giorno delle manifestazioni nazionali per gli aumenti degli stipendi e per un lavoro giusto.

Siamo curiosi di capire come le diverse rivendicazioni si incroceranno nelle strade di Buenos Aires. Parlando con le persone incontrate nella capitale si sente un forte interesse per il conflitto russo-ucraino e di come la guerra si stia vivendo in Europa. Raccontiamo dell’aumento dei prezzi delle materie prime, il costo dell’energia e il sistema dell’accoglienza dei profughi.

Non ci sono i bombardamenti in Italia ma abbiamo comunque la guerra in casa perchè il governo Draghi sta contribuendo al conflitto acquistando armi e aumentando la spesa militare. Non si combatte per le nostre strade ma la guerra c’è.

Valentina e Vanessa – Ambasciata dei diritti – Ancona

Caravana 2022 “Argentina, un cielo al reves” – Kabawil – El otro soy yo

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ARGENTINA, UN CIELO AL REVES

PARTE LA CARAVANA MADRES 2022

L’Associazione Kabawil-el otro soy yo, dopo 3 anni organizza una nuova Caravana verso l’Argentina. A scaglion,i a partire dal 23 aprile una delegazione di 13 persone di varie parti di Italia ( Milano, Roma, Ancona, Rieti, Chieti e Pescara) saranno in Argentina fino all’8 di maggio per festeggiare il 45 anniversario di lotta della Associazione Madres de Plaza de Mayo. Allo stesso tempo visiteremo il “Paese alla fine del mondo” per incontrare realtà sociali, economie di mutuo soccorso e solidali, produzioni autogestite e culture indipendenti per capire meglio, per scambiare proposte. Per costruire connessioni utili al comune obiettivo di cambiare le realtà negative che viviamo qui e lì, oppressi in modo diverso dal sistema capitalista finanziario, estrattivista, patriarcale e guerrafondaio che sta distruggendo il pianeta e le nostre vite. 

Una Caravana composta da persone di varie età, di diverse esperienze culturali, professioni ed attività sociali e politiche. Persone che si sono incontrate perché avevano in comune l’impegno nella lotta sociale e politica italiana ed internazionalista insieme ad un interesse politico ed intimo nel conoscere l’esperienza rivoluzionaria delle Madres. Queste diversità “contamineranno” il viaggio ed il ritorno con il proprio specifico sentire e quindi saranno produttrici di nuovi orizzonti. 

Ogni giorno a partire dal 26 aprile sul nostro sito:  associazionekabawil.wordpress.com  o su facebook:  kabawil el otro soy yo  saranno presenti resoconti delle attività collettive scritti dai componenti la Caravana. Chiediamo a tutti di far girare i resoconti nei propri siti e social. Nella prima settimana le attività si concentreranno a Buenos Aires e provincia in attività specifiche e non con le Madres che ci hanno anche dato la possibilità di utilizzare se necessario gli spazi della loro Casa per incontri ed esperienze con varie altre realtà di lotta collegate o meno alle loro dinamiche. A partire dalla seconda settimana saremo impegnati questa volta non tutti insieme ma a gruppi in altre Province. Nella regione di Cordoba saremo ospiti della Università ed incontreremo comunità di lotta territoriali e sociali mentre a Mendoza si incontrerà una delegazione di FFF. Faremo anche una breve tappa a Montevideo dove parteciperemo ad un incontro con le realtà di lotta ambientale e per l’acqua.   

Un programma fitto in cui non mancheranno serate di gioiosa contaminazione con cibi, musiche e performance artistiche dell’Argentina.  

                                                                                         Kabawil-El Otro soy yo 

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Carovana Madres 2022 parte seconda. Un cielo al reves, sulle tracce dell’acqua.

2 Maggio

Dopo ieri, Festa dei lavoratori che viviamo tra piazze festose, mangerecce e militanti, cortei, e luminosi parchi per godersi il non lavoro, la Carovana si divide .Una parte della delegazione si muove per fiumi cieli e terre sulle tracce dell’acqua per re-intrecciare consolidate e nuove relazioni.

La prima meta Montevideo, Uruguay.

Ad aspettarci Carmen ed altri componenti del FFOSE (combattivo sindacato dei laboratori del servizio idrico) e della CNDAV (Comisión Nacional en Defensa del Agua y la Vida) che nel 2004 portarono al vittorioso referendum per la pubblicizzazione dei servizi idrici in Uruguay, tra i primi incoraggianti eventi insieme al rigetto della multinazionale Bechtel dalla popolazione di Cochabamba (Bolivia), per i movimenti per la difesa dell’acqua di tutto il globo.

Nella stessa mattina ci portano subito alla sede di Radio Centenario, una delle emittenti più ascoltate della metropoli, per una intervista proprio sul tema dell’acqua. Occasione che permette ai delegati del Forum Italiano dei movimenti per l’acqua e dell’European Water Movement ( Renato e Filippo ) presenti nella Carovana di condividere il quadro della situazione italiana, facendo una panoramica dalla vittoria del referendum nostrano per l’acqua pubblica fino all’attuale mobilitazione contro il DDL Concorrenza (del neoliberista e guerrafondaio attuale premier Draghi) e ed Europea su questo tema fin anche a parlare del esito finale del Forum Alternativo Mondiale per l’Acqua, tenutosi giusto qualche mese prima a Dakar in Senegal, organizzato dai movimenti per la difesa del liquido vitale, per contendere narrazioni e contenuti e fare fronte comune contro il “Foro mondiale sull’acqua”, un evento organizzato in realtà da multinazionali che operano nel settore come SUEZ o VEOLIA per provare ad ampliare la loro influenza ed il loro potere sui servizi idrici in tutto il mondo. Senza troppe sorprese l’intervista vira anche sul tema della guerra in Ucraina, situazione che preoccupa anche gli abitanti di questo lato dell’Oceano che ci chiedono più informazioni rispetto a quelle che arrivano in questo continente. Si ha allora l’opportunità di condividere anche i nostri punti di vista, il fatto che più di metà degli italiani è contro la guerra e contro la escalation tramite l’invio di armi da parte della Nato. Posizione a cui pezzi di movimento provano a dare voce con iniziative per “disarmare la pace e disertare la guerra” per provare a bucare la pericolosa cortina bellicista dei media mainatream.

A microfoni spenti ci raccontano invece di un altro recente referendum per mantenere pubblico il settore della salute che purtroppo non ha raggiunto il quorum; e chiediamo aggiornamenti sulla campana contro inquinamento causato dalle industrie della carta finlandesi UPM del Rio Santa Lucia, che tra l’altro fornisce la assoluta maggioranza dell’acqua potabile per gli abitanti del Paese. Vertenza che avevamo seguito e supportato anni addietro, e che per fortuna riesce ad essere ancora una spina nel fianco dei governi “vendi patria”, come dicono qui per cortocircuitare le loro stesse narrazioni.

Eppure a fronte di ciò ci raccontano come questi stessi Governi anche progressisti  prima hanno privatizzato gli invasi  ( Ley de Riego ) ed ora aggirano l’esito referendario del 2004 tramite l’affidamento ad una azienda privata la realizzazione e la gestione di un nuovo megaprogetto di potabilizzazione chiamato “Neptuno” che vorrebbe attingere all’immenso bacino del Rio de la Plata, un messaggio indiretto del governo all’industria della carta ci dice Carmen, che sembra voler dire “seguite tranquilli ad inquinare. l’acqua la prenderemo da un’altra parte”.

Questo megaprogetto Neptuno risulta essere esattamente il tema centrale dell’incontro a favor di telecamere a cui siamo invitati nel pomeriggio nella sede di un altro sindacato, l’UTE. All’approfondire il tema apprendiamo di come il progetto sia passato incostituzionalmente in sordina tra gli uffici arrivando ad una sorta di accordo preliminare senza nessuna valutazione di impatto ambientale, senza nessun coinvolgimenti dei cittadini, come prevederebbe invece la costituzione; che prevederebbe costi quadrupli rispetto ai piani di investimento per le reti idriche previste dall’OSE( azienda pubblica dell’acqua ); che non tiene sufficientemente conto della complessità di attingere da un bacino in cui scaricano acque reflue 5 nazioni diverse (con tutti i problemi di controllo che questo comporta, rispetto al Rio Santa Lucia che invece ha un decorso tutto interno al Paese) unitamente al fatto che dal delta arrivano spesso correnti di acqua salata dall’ Atlantico. Tra gli interventi spicca la contrapposizione tra la delegata nella comunità di Arazati che verrebbe dislocata dal megaprogetto e sacrificate le bianche spiagge, che la stessa comunità voleva candidare a luogo protetto e di pregio ambientale; e la presentazione di uno dei responsabili dell’OSE (in quota del progressista Frente Amplio) dall’orientamento ambivalente rispetto al progetto. Anche la nostra delegazione prende parola e lancia una esca al rappresentante dell’ente pubblico affinchè difenda con più decisione il pubblico servizio.

Il risultato finale dell’incontro è talmente positivo che la società civica si riconvoca entro 10 giorni per stabilire un piano di azioni per mettere pressione agli uffici competenti mentre per quanto riguarda noi, la delegazione riceve l’invito per partecipare ad un format mattutino su Tv Ciudad una delle emittenti più seguite della capitale.

 3 maggio

Il mattino successivo ci svegliamo con un pessimo aggiornamento che ci viene dallo spezzone di carovana rimasto a Buenos Aires: Lucas Tedesco della UTT ( sindacato contadino e del commercio autorganizzato ) che solo 3 giorni prima ci aveva accolto con il sorriso sul volto e negli occhi è stato fermato dalla Polizia a Ciudad del Este nel tentativo di bloccare la repressione che stava avvenendo contro le comunità campesine che in quel momento erano intente in una azione di “retoma de tierra” e di richiesta di liberazione di un altro compagno, Felipe Suarez recentemente fermato per lo stesso motivo. Facciamo un paio di chiamate di verifica e conferma e concordiamo per scrivere un comunicato di solidarietà e complicità con la UTT e con le comunità campesine, che riusciamo a inviare prima della trasmissione televisiva.

Negli studi televisivi della TV più vista di Montevideo il presentatore è estremamente accondiscendente con la nostra narrazione e sembra recitare già come se fosse in diretta, salvo poi non concordare nessuna domanda e farci domande innocue quando non insidiose, soprattutto quella sul nostro giudizio tecnico circa il progetto Neptuno, che non ci sentiamo di affrontare da stranieri, nei veloci tempi televisivi e con la sola preparazione dell’incontro informativo nei ieri. Insistiamo allora sulla questione dell’importanza della partecipazione civica a qualsivoglia pianificazione statale. Passaggio quest’ultimo, che è stato oggettivamente ed incostituzionalmente saltato. Per ribadire il concetto terminiamo l’intervista ricorrendo ad uno dei sempre validi slogan della felice campagna referendaria Italiana per l’acqua pubblica del 2011: “Si scrive Acqua, si legge Democrazia”. Nel pomeriggio andiamo a San Jose, capoluogo dell’omonima provincia, per supportare insieme al FFOSE, la conferenza stampa della comunità di Arazati che denuncia anche in quella sede quanto governo e privati stiano provando a fare, tenendo all’oscuro l’intero Paese. A fine giornata è già ora di ripartire, prossima tappa Cordoba. Abbracciamo e ringraziamo Carmen, Nelson, Sofia, Carlos e le sue bambine che ci lasciano al Porto e salutiamo anche questa terra “uruguasha” in cui sempre troviamo mutuo scambio e appoggio.

 4 Maggio

Dopo 8 giorni di attività serrate abbiamo finalmente un giorno in cui tirare il fiato e godersi senza orari questa città che per alcuni componenti della carovana è del tutto nuovo.

Passiamo buona parte della giornata camminando, osservando, ascoltando. Gli accenti della lingua qui sono diversi dalla Capitale. Molto più simili nel timbro a quelli andini, dicono chi del gruppo ha avuto esperienze precedenti sulla Cordillera. Lo stesso vale anche per i volti, la cui mescolanza nei connotati si allontana da quelli porteñi (più europei), che presentano sfumature andine e quelle, scopriremo nei giorni successivi, degli afro-discendenti. La città sembra più a misura d’uomo, anche se il traffico è paradossalmente più serrato nelle strette “quadras”, del centro. Abbiamo anche un assaggio dell’ambiente “serrano” di questa regione con calde giornate polverose e notti con una sensibile escursione termica.

5 Maggio  

Il mattino parte presto e andiamo a Carlos Paz, la strada comincia a salire verso le Sierras Cichas a Ovest di Cordoba, tra i rilievi di quarzi e basalti coperti da brulla vegetazione, fino a scavalcarle per entrare nella porzione meridionale della “Valle de Punilla”. A questo punto la strada comincia a scendere disvelando dopo qualche curva, in basso, il lago artificiale di San Roque e sullo sfondo, las Sierras Grandes.

Ad accoglierci all’arrivo troviamo Emilio, medico e ricercatore indipendente in salute pubblica e Inti Wamani, che ci racconterà poi essere stato tra i fondatori della prima rete delle comunità indigene argentine, l’AIRA (Asociación Indígena de la República Argentina).  Il primo, da cui ci è arrivato l’invito per conoscere la vertenza idrica di questa regione, ci racconta meglio il contesto sociale e ambientale del luogo degli ultimi anni; il secondo, complementa il quadro spiegandoci la storia del luogo, abitato sin dai tempi ancestrali dalle popolazioni indigene dei “Comechingones” che, tra le altre cose, aveva sviluppato anche un proprio sistema idrico. Qui alla convergenza di quattro fiumi nella seconda metà dell’800 fu deciso di creare lo sbarramento delle acque con il duplice scopo di regolare il flusso delle acque che ciclicamente inondavano Cordoba e di creare un sito di accumulo ed approvvigionamento di acqua per il consumo umano, per la capitale regionale. Con queste necessità nacque il lago di San Roque.  

Il primo appuntamento qui è nelle sale di registrazione di “Radio Coopi”, emittente della omonima cooperativa che prima gestiva in maniera partecipata-pubblica diversi servizi, tra cui quello idrico e quello idroelettrico dell’invaso.

Qui, oltre a intervistarci per condividere la situazione italiana ed europea sulla questione idrica, spiegano al microfono come attualmente l’impianto idroelettrico sia fermo per “motivi di libero mercato” per cui i governi a tutti i livelli sono orientati all’acquisto quasi integrale dell’energia da altri paesi dismettendo gli impianti propri e della preoccupante situazione circa il rischio sanitario costituito dalle attuali condizioni delle acque del lago. Infatti, qui le lobby del mattone e del turismo locali e regionali, hanno fatto carte false per approfittare del potenziale ricreativo del lago trasformando in pochi anni il circondario in un complesso turistico-residenziale da 100mila abitanti di media ma che può triplicare la propria presenza antropica nei momenti di alta stagione, questo in assenza di una infrastruttura di sanamento delle acque reflue. Risultato? Negli ultimi anni il livello dei cianobatteri ha colonizzato la maggior parte della superficie del lago con conseguenze drastiche per l’ecosistema del lago e per la totalità dei 2 milioni di utenti riforniti dalla rete idrica che usano quelle acque quotidianamente per vivere (quella stessa acqua che abbiamo bevuto, con cui ci siamo lavati ed abbiamo cucinato il giorno prima, pensiamo noi telepaticamente incrociando gli sguardi sopra le mascherine chirurgiche).

Nel 2017 i cianobatteri avevano raggiunto uno dei massimi picchi di concentrazione formando uno strato melmoso verde di 30 centimetri, la cui superficie era diventato terreno di coltura a sua volta di altri batteri creando chiazze azzurro iridescente, ricordano ai radioascoltatori (mentre a noi mostrano le foto reperibili in internet). “Forse sarà piaciuto ai signori del turismo come sfondo per le cartoline” ironizzano. Il fatto è che per non compromettere gli affari nel breve termine, per non perdere neanche un centesimo di questo fast-business del turismo di consumo, da investire nella messa in sicurezza delle reti idriche, il governo comunale (in continuità con la lobby turistica) preferisce provare a silenziare chi come Emilio e Inti stanno provando a dare visibilità al pericolo.

Il lago di San Roque è la destinazione successiva quando usciamo dalla radio. L’odore nauseabondo si sente già a 300 metri dalla riva e sul posto troviamo operai che stanno aspirando con le autobotti i cianobatteri che poi ci dice Emilio, “non si sa con precisione dove e come la stanno smaltendo”. In più l’”occhio medico” della nostra delegazione si domanda se sia sicuro che gli operai siano esposti per ore ed ore di lavoro al contatto con i cianobatteri senza mascherine ed in maniche corte. Emilio annuisce e ci conferma che i risultati della sua ricerca indipendente non sono per niente incoraggianti, ma che investire in formazione degli operatori e provvedere a rendere disponibili adeguati presidi protettivi vorrebbe dire costi anche minimi che la mentalità capitalista di chi comanda non è disposta a sostenere.

Noi invece abbiamo la conferma della generosità del duo che ci sta accompagnando a pranzo e nel primo pomeriggio quando a casa della famiglia di Emilio ci preparano un pranzo semplice ma che ci alimenta ben oltre la sostanza fisica. Da questo angolo di valle si vedono le cime de Los Gigantes, uno dei massicci della Sierra Alta da dove nasce il rio “Chorrillo”, sulle quali sponde Emilio è cresciuto e che rimane ancora incontaminato prima di gettarsi nel lago e che dopo pranzo ci offre di andare a visitare con un breve passeggiata. Cogliamo anche questo invito al volo e scendiamo lungo una stradina sterrata tra arbusti spontanei di maracuja, gli spinillos, i chanares, i quebranchos, le talas, i molles (l’albero al quale va sempre chiesto il permesso per fare la siesta sotto la sua ombra secondo la leggenda), algarrobos (l’albero della vita, per le popolazioni indigene locali), nelle loro vestigia tipica dell’autunno australe. Il Chorrillo è un incanto, ci bastano pochi minuti per sentirci rinvigoritǝ dalla mattinata intensa. Al ritorno Inti decide di farci stare più larghi in auto e ci saluta prendendo la strada della via a piedi. Si allontana fischiettando e lo vediamo svoltare dietro i cespugli del sentiero. Dopo qualche secondo, percorriamo la stessa strada in auto e ci disposiamo per salutarlo un’ultima volta dai finestrini, ma di lui non c’è più nessuna traccia. Da quella stessa direzione invece si alza in aria e ci sorvola a distanza ravvicinata un’aquila della sierra.

6 maggio Cordoba

Questa mattina ci viene a prendere Cecilia Carrizo, docente di scienze politiche all’Univerità di Cordoba e attivista in molti ambiti delle vertenze cordobesi ed infatti in macchina è un fiume di informazioni sulle questioni della regione e dell’intera nazione, in una mole che sarebbe impossibile riportarle tutte a caldo.

Le tracce dell’acqua oggi incrociano la questione della terra e dell’agricoltura. Infatti il tema del dibattito pubblico difronte agli uffici dell’università è per allertare circa la strategia delle multinazionali dell’agrochimica che stanno cercando di patteggiare con le realtà che fanno agroecologia sostanzialmente per proporre un accordo in cui nel paese possano convivere queste due concezioni del mondo, quella latifondo-capitalista con quella eco-cooperativista emergente, accordo auspicato ovviamente dai settori statali conniventi e da buona parte della burocrazia accademica. Una dinamica senza precedenti per le nostre orecchie che ci lascia abbastanza sorpresi. L’incontro nasce anche per solidarizzare con quegli spezzoni di Università che si sono azzardati a svelare questo rischio e che per questo sono stati minacciati. Ricercatorǝ, persone come Juan, che prende parola e ripete davanti a tuttǝ la denuncia circa questo tentativo di legittimazione dei latifondisti dell’agrotossico e le minacce che gli è toccato subire pubblicamente (ovvero in una assemblea plenaria) dentro l’università.  

Latifondisti che a Cordoba hanno avuto modo fino al 2008 di spingere il loro sistema agrotossico fatto di monocolture, consumo di acqua senza limiti, diserbanti, fumigazioni, cancro, malformazioni genetiche, malattie rare e senza precedenti, fino ai margini della metropoli. Per chi si stesse chiedendo a cosa sia dovuto l’arresto di questa dinamica, riportiamo che sarebbe meglio chiedersi grazie a chi. Ed a noi carovanierǝ questa volta invece non sorprende scoprire, dalle parole di Isabela, che non è per grazia ricevuta da qualsivoglia potere che questa situazione disumana è stata fermata, ma bensì che è grazie alla lotta delle donne del quartiere periferico di Ituzaingó, anche loro “Madres”. Le “Madres de Ituzaingó” si solo sollevate in protesta apertamente e collettivamente dal 2001, dopo aver unito i puntini dello stesso doloroso quadro di incremento di morti e malattie rare e incurabili nel loro barrio e che componevano l’immagine dello stesso colpevole: la nota multinazionale Monsanto (oggi un pezzo della Bayer).  

Oggi sono qui per ricordare che significa legittimare il sistema agroindustriale nei territori, loro, le cui famiglie ancora soffrono le conseguenze di certe autorizzazioni governative e del mondo accademico affiliato e per denunciare nuovamente in piazza come giustizia non sia ancora stata fatta per le loro famiglie e di come i colpevoli non abbiano ancora pagato per le loro condizioni di salute, per il loro dolore, per le loro vite spezzate.

La sera partecipiamo al conversatorio “Artes, Ciencias, Patrocinios y Extractivismos” in cui troviamo uno sforzo divulgativo di inchiesta dal basso veramente esplicativo. Una azione comunicativa di quelle ispiranti, che ci richiama alla mente analoghe dinamiche del nostro paese come le abbiamo viste per grandi opere come la Tav in Val di Susa, oppure le call artistiche nella cave di marmo sulle Alpi Apuane, oppure tutte quelle volte in cui le grandi aziende fossili come Eni o multiutility come Acea provano a spennelare di verde o di blu le loro attività inquinanti, estrattive, di saccheggio, con la pericolosa aggravante che queste ultime provano ad accreditarsi anche come enti formativi.. un fronte sul quale nelle nostre geografie, siamo solo all’inizio del “combate”.  

7 maggio

Sabato è l’ultimo giorno collettivo di questa Caravana 2022.. tratteniamo le lacrime (quasi tutte, qualcuna ci scappa) per i saluti finali. Da adesso, qualcuno tornerà in italia qualcuno si fermerà per proprio conto per qualche giorno in più che sia ancora di impegno politico o di vacanza.

Un cielo al reves.. un frase che apre a molteplici sensi.. ci vorrà del tempo per elaborare il viaggio, ma qualche conclusione ci sentiamo già di poterla condividere.

Siamo tornatǝ sotto i cieli del “Sur” per contaminarci.. e siamo statǝ contagio internazionalista solidario.

Un cielo al reves.. ma guardando il cielo non ha piovuto per l’intera durata della carovana.. il cambio climatico non fa sconti neanche al continente latino-americano..

Siamo statǝ noi le goccioline, come tutte le esperienze in lotta che abbiamo conosciuto dalla grande voglia di condensare collettivamente, contro la tirannia globale del necrocapitalismo, per riguardarci il nostro posto in cielo e riconciliarci finalmente in modo ciclico, abbondante, generoso, fecondo, fertile, vitale, rispettoso, creativo con la terra.

Filippo – Caravana Kabawil 2022

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Primo Maggio di Lotta

En el día de ayer, en Santiago del Estero, mediante una “trampa”, fueron encarcelados los compañeros Felipe Suarez y Lucas Tedesco, dirigente de la UTT.
Mientras la policía estaba pegando y desalojando a campesinxs que estaban luchando para defender la tierra que le da de comer y de vivir.
Esta violencia sistémica de los aparatos represivo argentinos contra la vida es un acto no digno para un país que sale de una larga trayectoria de impunidad contra los derechos individuales, y sobre todo los colectivos, contemporáneamente a una gran lucha por la agilidad democrática y política del país.
Nosotrxs, caravana de Kabawil que estamos en Argentina por el 45| aniversario de la Asociación Madres Plaza de Mayo solicitamos a las fuerzas sociales y políticas de argentina a comprometerse por la liberación de los compañeros Lucas y Felipe, porque es inamisible la provocación para encarcelar a quien organiza y articula las luchas de lxs trabajadores, mas aún cerca del 1ro de mayo.

Hoy mas que nunca tenemos que apoyar las luchas desde el internacionalismo solidario.

Solidarizamos con la UTT y con todxs los trabajadores del campo, estamos listos para cualquier acción que podemos hacer desde Italia para la liberación de los encarcelados.

Caravana de Kabawil – el otro soy yo.

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45 Años Reivindicando la Revolucionaría de nuestros hijos – 1977 30 abril 2022

Il 30 aprile è il compleanno delle Madres de Plaza de Mayo. Quest’anno festeggiano il 45 anno dalla loro fondazione. Forse oggi è la giornata più importante e l’evento principale della nostra carovana qui a Buenos Aires insieme a loro.
Per prima cosa infatti la mattina torniamo nuovamente alla casa de las madres.

Andando verso la casa fermandoci ad un’edicola compriamo il giornale nazionale “el tiempo de la Argentina” dove in prima pagina è presente una foto della marcia del giovedì precedente in Plaza de mayo alla quale abbiamo partecipato a fianco delle madri. Il giornale dedica parecchie pagine alla storia e analisi del movimento delle madres in occasione del compleanno, segno che, ancora a distanza di molti anni dalla loro fondazione, la lotta che portano avanti quotidianamente trova grande eco tra la popolazione argentina.

Hebe ci riceve come al solito nel suo studio pieno di oggetti di ogni tipo legati all’associazione. Ci sono foto con personaggi politici e del mondo dello sport, targhe commemorative, lauree, locandine e manifesti, documenti appesi alle pareti… dentro questa stanza sono presenti 45 anni di lotta portata avanti giorno per giorno. Hebe ci racconta di quanto sia importante andare avanti anche dopo così tanto tempo, di come i percorsi di lotta abbiano senso solo se costanti negli anni, di quanto sia fondamentale non fermarsi.

Le facciamo vedere il video prodotto dai compagni e dalle compagne del Gaza Free Style, con cui raccontiamo il nostro progetto politico internazionalista nella striscia di Gaza.

Vedere Hebe, la presidenta del forse più importante movimento politico auto organizzato argentino, commuoversi per un progetto portato avanti dalla nostra collettività è davvero incredibile. Ci parla di come conosca bene e abbia a cuore la lotta portata avanti dal popolo palestinese, di quanto rispetti le madri palestinesi e di come nel tempo si siano create relazioni internazionali durature. Ci salutiamo ringraziandoci e con l’augurio di rivederci di nuovo.

Il resto della mattinata lo passiamo in periferia. Visitiamo il principale magazzino di smistamento di prodotti agricoli dell’UTT: l’Union de los Trabajadores de la Tierra, un’ organizzazione dal basso composta da 25.000 famiglie di campesinos. È il giorno prima del 1 maggio e i compagni e le compagne stanno festeggiando la festa dei lavoratori con musica e grigliata.

I loro delegati ci raccontano la storia dell’organizzazione, di come si pone nel creare un’alternativa popolare al mercato della produzione di alimenti nel paese. In Argentina la produzione delle grandi aziende alimentari è volta alla coltivazione di commodities, valide solo per all’ esportazione all’estero e per girare i dollari all’ FMI, mentre la loro organizzazione coltiva ciò che arriva ogni giorno sulla tavola delle famiglie argentine.

Ci raccontano di come sono organizzati in gruppi locali, orizzontali, ognuno con le proprie referenti, e di come prendano le decisioni attraverso assemblee locali, regionali e nazionali. Le grosse imprese immobiliari possiedono il 70% della terra in argentina, ponendosi di fatto come latifondisti, e per i campesinos non rimane alternativa che affittarle.
Le assemblee oltre a decidere politiche, lotte e investimenti (ad esempio in trattori condivisi), organizzano il lavoro e la filiera.
Oltre 1.000 persone lavorano per la distribuzione e il commercio dei prodotti dell’ UTT, includendo anche segreterie legali, finanziare e di genere; parte determinante dei processi decisionali.
Le decisioni vengono passate al vaglio delle organizzazioni territoriali, e poi delle assemblee regionali dei delegati.
Ovviamente non possiamo non non visitare il loro spaccio per acquistare le loro produzioni e non rifiutiamo l’invito a pranzare assieme.

Nel pomeriggio corriamo alla piazza della Madres di Plaza de Mayo.
Quest’anno la mobilitazione delle Madres viene convocata con la parola d’ordine “Rivendichiamo la lotta politica dei desaparecidos”

Decine di gruppi organizzati sono già presenti al nostro arrivo. Ognuno esponendo i propri simboli e la propria solidarietà.
La maggior parte delle organizzazioni in piazza è di estrazione peronista, ci sono gruppi di lavoratori, sigle sindacali e moltissimi giovani apparteneti ai movimenti studenteschi organizzati oltre a tanti e tante solidali non che non prendono parte a nessun raggruppamento.
Si parte, come da 45 anni a questa parte, con il corteo che gira attorno alla piramide al centro della piazza, è semplicemente emozionante. Alle spalle delle Madres migliaia di persone solidali con l’associazione si muovono in corteo dietro la scritta “Il potere finanziario è terrorista”. I cori urlano di ideali ancora vivi, di desiderio di rabbia e di giustizia sociale, di uguaglianza e di amore.
La marcia per la piazza ci porta fino ai piedi del palco dove seguono alcuni interventi, tra cui quello di Renato. Il primo è affidato ad un ragazzo molto giovane, rappresentante del maggiore collettivo politico di studenti e studentesse presenti in piazza.
La scelta di affidare l’apertura degli interventi ad un rappresentante delle nuove generazioni è un gesto esplicito per affermare come le madres ripongano fiducia e chiedano in qualche modo ai e alle più giovani di portare avanti la loro lotta, seppur con forme e attraverso metodologie differenti.
Attraverso le parole dello studente sul palco ci rendiamo conto di quanto sia viva la ferma volontà da parte dei ragazzi e delle ragazze presenti in piazza di rispondere alla chiamata delle madres che vedono in loro un faro e un punto di riferimento per la continuazione delle lotte.
Segue un intervento da parte del ministro dello sviluppo della provincia di Buenos Aires che ci permette di interrogarci sulla necessità delle relazioni con le istituzioni stesse nei percorsi politici e di lotta per cercare di raggiungere l’obbiettivo di far diventare i poveri meno poveri e i ricchi meno ricchi.
L’intervento di Renato è emozionante, un po’ perchè parla anche di noi e un po’ perchè ci permette di renderci conto appieno dell’importanza di portare avanti progetti politici internazionali, percorsi di lotta comune e solidarietà tra movimenti geograficamente molto lontani tra loro ma ideologicamente molto vicini.
Le ultime parole che ascoltiamo sono ovviamente quelle di Hebe che ora, dopo una settimana da quando l’abbiamo incontrata per la prima volta, sentiamo come vicina, come amica e compagna. Quando parla Hebe la piazza si zittisce immediatamente, nessuno vuole farsi scappare neanche una parola di quello che dice. è evidente come sia una figura di riferimento e come il suo pensiero e la sua posizione siano veramente importanti e di riferimento per le comunità politiche in lotta.
Parla dei suoi figli e delle sue figlie, di come le madres rivendichino la lotta che loro per primi hanno cominciato, e di quanto abbiano potuto da loro imparare. Spara a zero sul governo come è solita fare e rivendica la possibilità del lavoro come diritto primario per tutti e tutte. Si dichiara felice sì di vivere in un paese democratico, ma l’unica democrazia possibile è quella che fa l’interesse del popolo. Non esiste democrazia senza indipendenza economica, non esiste democrazia senza giustizia sociale.

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La Plata a casa de Paco y Pepa

Resumen 29 Aprile

Le iniziative per il terzo giorno dell’anniversario della prima marcia delle Madres de Plaza de Mayo oggi iniziano più tardi, così abbiamo il modo di girare liberamente la città.
In queste passeggiate risalta molto la precarietà della vita a Buenos Aires e con questa si sente quanto sia una città in cerca di dialogo.
Ci fermiamo a parlare più volte con i cittadini e le cittadine. Si sente la realtà eterogenea della città, ma questa pluralità trova sempre un filo comune in Perón. C’è chi è peronista di sinistra, chi è peronista di destra. Una figura difficile da analizzare per noi europei, perché un fenomeno specificamente Argentino e qualsiasi nostra analisi potrebbe peccare di etnocentrismo. Tra noi carovanierə ci interroghiamo molto su questo tema e anche sulla centralità dei leaderismi nella politica Argentina, su quanto molti personaggi siano rivestiti di un’aura molto sacrale.

Tempo di un pranzo veloce e siamo sopra un pullman in partenza dalla Casa delle Madres verso La Plata, adesso iniziano le attività della terza giornata dell’anniversario della prima marcia.
Il pullman è quasi pieno, ci mischiamo insieme ad altri sostenitori e con loro parliamo, ci confrontiamo e ci lasciamo contaminare dall’ambiente circostante. Mentre ci allontaniamo lungo l’autostrada, la città sembra non abbandonarci mai. Continuano per chilometri ad intervallarsi spazi di verde con palazzi, case e baracche. La città assorbe il paesaggio e si amalgama con la natura che ha intorno. Anche qui non c’è un punto uguale all’altro, colori, mattoni, alberi e finestre sono tutti diversi. In questi giorni sentiamo molto parlare di Terra, questa assume un valore molto importante. Ogni argentina è consapevole delle ricchezze che questo paese detiene e che tuttavia, depredate dal modello estrattivista, sono restituite alla maggioranza della popolazione come forme stratificate
di povertà.

A La Plata abbiamo visitato la Casa de Paco y Pepa. La prima casa di Hebe de Bonafini, costruita da suo padre. Lì, grazie alla spiegazione di Ulises Gorini, scrittore e giornalista che ha prodotto molti libri sulle Madres, ci siamo addentrati nella storia di Hebe. Qui a La Plata si trovavano le sue radici, “la sua essenza”.

Ci viene spiegato che sua nonna era una migrante italiana, arrivata in Argentina con 5 figli e senza il marito, morto nel viaggio, nel 1910 con la speranza di una vita migliore. Speranza indotta soprattutto dai governi e dalle imprese. In quegli anni la popolazione Argentina era formata al 60% da migranti, che si erano poi scontrati con una società ancora molto povera, sotto sviluppato e legata ad una struttura latifondista; senza possibilità di tornare indietro. Una popolazione delusa dalle aspettative della ricchezza che pensava di poter trovare. Il padre iniziò a lavorare a 9 anni, in un industria di cappelli, la più importante della città, dove passerà tutta la vita. Il miglioramento della situazione della sua famiglia si lega poi allo sviluppo economico e produttivo avuto dal paese durante la Seconda Guerra Mondiale, dove era il principale esportatore di alimenti in Europa.

L’assenza di un commercio in ingresso, di un’importazione, fa in modo che gli introiti dell’esportazione venissero reinvestiti sul paese, producendo maggiore ricchezza. Hebe in quel periodo vive una vita più abbiente, dovuta ad un’ascesa sociale che permette ai suoi figli di studiare all’università, e aderisce, indirettamente, ad un’idea di progressione basata sul lavoro e l’accumulazione. Ma comunque la sua essenza ritorna sempre alla fedeltà che ha nei confronti dell’origine di classe. Con il colpo di stato e la liquidazione dello stato, la sua famiglia subisce la repressione della giunta militare. Lei da mamma tradizionale e conservatrice, insieme alle altre Madres iniziano quindi il lavoro di ricerca riguardo la morte dei loro figli e figlie. Nonostante non fossero mai state un numero cospicuo, riescono ad infliggere una “ferita simbolica” al regime. Loro in quanto madri, in una dittatura che sacralizzava la loro figura, furono le uniche a mettersi contro il regime. Per questo vennero definite “Locas” (pazze) da tutti gli organi della giunta militare. Ruppero il clima di silenzio e clandestinità, su cui si basava tutta l’arma repressiva. Vennero definite pazze da Videla stesso, proprio perché, negando la realtà, gli veniva detto che cercavano ciò che non c’era, diventando anche loro bersaglio della sparizione forzata.
Ora la casa del padre è diventato un luogo simbolico, aperti a tutti ed a tutte dove costantemente ogni parete racconta questa storia.

Mentre ci troviamo lì conosciamo anche una realtà di studenti universitari: Movimento Estudiantil Liberación. Un gruppo politico legato a Nuestra Patria, che all’interno de La Plata a occupato e gestisce un ex deposito ferroviario, la Comunidad Ferroviaria. Con loro ci confrontiamo sui temi dell’educazione, del movimento studentesco e della lotta politica ora nell’era covid.

Dopo la visita alla Casa de Paco y Pepa, ci spostiamo proprio nell’ex deposito ferroviario. Conosciamo una realtà combattente che dopo aver occupato il posto nel 2007 ora lo tiene in comodato d’uso e lì ci organizza le sue attività. Il posto è enorme e non sono gli unici a farlo vivere, accanto a loro si trova un altro deposito occupato da un’altra organizzazione. Il deposito ferroviario è stato al centro dei processi di nazionalizzazione e poi riprovatizzazione di molti settori argentini: con Perón venne nazionalizzato tutto il sistema ferroviario, in mano agli inglesi fino a quel momento. Mentre negli anni 90, con la forte spinta neoliberista che investì e consumò il paese venne riprivatizzato, finendo poi per essere abbandonato.
Ora il posto vede tante attività, dalla serigrafia al laboratorio di falegnameria e vede anche un forte lavoro mutualistico. Come da noi anche in Argentina in tantə si sono adoperatə per combattere la crisi sociale, economica e sanitaria. Il posto è diventato un vero e proprio polo produttivo, dove, tramite i tanti laboratori, vengono riforniti anche ospedali e altri posti dello spazio pubblico.

Iacopo – Csoa La Strada Roma

Caravana 2022 – El cielo a reves

Kabawil – El Otro soy yo

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Espacio Cultural Nuestros Hijos – ECuNHi y Marcha en Plaza de Mayo

Resumen 28 Aprile 2022


Sveglia, colazione, dopodiché ci carichiamo su un bus direzione Espacio Cultural Nuestro Hijos, ex ESMA. Sul bus ci rendiamo davvero conto delle dimensioni di Buenos Aires, la città sembra non finire mai.

ESMA è l’acronimo per Escuela de Mecanica de la Armada. Serviva come accademia per gli ufficiali dell’Esercito, dell’Aviazione e della Marina, ma divenne tristemente famosa dopo la dittatura militare, quando si scoprì che era stato il principale centro di detenzione e tortura dei dissidenti politici durante la guerra sporca.
Da quattordici anni ESMA vive una nuova vita. Durante il governo di Nestor Kirchner il complesso fu scelto per ospitare l’Espacio Derechos Humanos, e i vari edifici furono assegnati a varie associazioni per la promozione dei diritti umani, dell’educazione, dell’attività artistica, musicale e teatrale. La scelta simbolica è forte: un luogo che era stato di odio e di morte è diventato oggi di inclusione e di gioia. Le madres de Plaza di Mayo scelgono come sede del loro centro l’edificio dove si insegnava agli uomini del regime le tecniche della tortura.
Qui veniamo accolti da Veronica Parodi, presidente dell’associazione Espacio Nuestros Hijos.
Dentro ci mostra il simbolo delle madri de Plaza de Mayo, il panuelo, dipinto sul lastricato della piazza. Parte del lastricato è stato staccato e portato lì nel centro, al sicuro. Durante il governo neoliberista di Macri il simbolo delle madres veniva continuamente cancellato dalla piazza, ma solo per essere subito ridipinto. Alla fine Macri dovette arrendersi alla forza delle madres, e oggi intorno alla colonna de Mayo il panuelo rivendica l’appartenenza della piazza alla loro battaglia.
Poi Veronica ci mostra il muro della dittatura, dove tante foto testimoniano quegli anni drammatici della storia del paese. La Ford Falcon verde, che serviva per i sequestri e la cui sola vista seminava il terrore. La stessa fabbrica della Ford servì durante la guerra sporca per le detenzioni. Poi una foto di una fabbrica di elettrodomestici, dove si vedevano gli operai entrare nello stabilimento con le armi dei militari puntate addosso. In quella fabbrica sette volte gli operai si organizzarono in collettivi, e sette volte i collettivi furono sciolti e gli operai arrestati. La macchina da scrivere e gli occhiali di Rodolfo Walsh, coraggioso giornalista argentino che denunciò gli abusi del regime e per questo fu fatto sparire dalle squadre della morte. I mondiali di calcio del ‘78, vinti dall’Argentina, un palcoscenico per il regime per mostrare al mondo che nel paese tutto andava bene. Ma dove le madres riuscirono a intercettare delle giornaliste internazionali e per la prima volta fare della luce sulla reale situazione.
Il rogo dei libri sgraditi al regime: libri considerati sovversivi, capaci di deviare la popolazione dai veri ideali di “argentinità”. Gli anni del regime furono un periodo di forte appiattimento artistico, culturale e musicale.
E infine foto della guerra delle Malvinas, guerra che doveva servire al Proceso a riguadagnare consensi dopo la crisi degli ultimi anni ma che invece dimostrò solo la debolezza militare dell’Argentina. Ma gli alti ufficiali non si assunsero le colpe della sconfitta, bensì le addossarono ai soldati semplici, spesso giovanissimi, che furono coperti di vergogna. Rimandati nei loro paesi di origine nell’entroterra, senza poter nemmeno passare da Buenos Aires, trovarono l’ostilità della popolazione, e a lungo non riuscirono a riavere un lavoro. Furono più i morti per suicidio, dopo la guerra, che non i morti durante le azioni militari.
Andiamo oltre ed entriamo in un lungo corridoio, dove appese al soffitto con dei fili pendono, mai statiche ma sempre in movimento, le foto dei desaparecidos, i figli delle madres. Per guardarli in volto bisogna alzare la testa, perché loro sono i rivoluzionari che persero la vita per gli ideali di giustizia, e sopratutto sono loro a ispirare la lotta delle madres. Queste foto sono esposte in piena luce, quella luce che i prigionieri non poterono mai vedere durante i loro ultimi giorni di vita. Non si vedono volti sorridenti. Le uniche foto rimaste alle madres dei loro figli sono infatti quelle dei documenti. Durante i sequestri c’era la pratica di portare via dalle case anche le foto dei “sovversivi”, affinché la sparizione fosse completa.
Ma il luogo non è solo di memoria. È anche un luogo di ricostruzione. Le pareti del centro sono pieni dei colori e dei disegni dei bambini e degli adulti che l’hanno attraversato, come a raccogliere l’eredità dei desasparecidos. Eredità che è però sempre costantemente minacciata. Sotto il governo Macri i fondi pubblici per l’Espacio Derechos Humans sono stati tagliati, e la visita scolastica all’ESMA non è stata più inclusa nei programmi. Questo ci ricorda perché la lotta delle madres continui a essere fondamentale.

Alle 15.30 in Plaza de Mayo si è svolta la consueta marcia delle madres attorno all’obelisco della piazza e noi abbiamo partecipato insieme a loro. La marcia di oggi è stata particolare perché a ridosso del loro 45esimo compleanno che si svolgerà sabato 30 aprile. Data l’importanza dell’occasione si sono unite alle madres di Plaza de Mayo alcune madres di Tucuman.
Sara, rappresentante delle madres de Tucuman che ha raccontato la loro storia paragonandola a quella delle madres di Buenos Aires raccontando le differenze e le difficoltà di portare avanti la loro lotta all’interno di un contesto di paese. Ha proseguito il discorso rivendicando l’importanza della lotta che le madri portano avanti da decenni e di continuare a lottare anche oggi.
Questi ultimi punti sono stati ripresi anche dal discorso di Hebe che ha sottolineato l’importanza di una lotta quotidiana e che si estenda a più persone possibili. Con questa occasione Hebe ci ha ringraziati per la nostra presenza qua essendo una delegazione internazionale e composta da giovani ed ha invitato tutti e tutte a partecipare alla giornata di sabato per il loro 45 esimo compleanno.

Elena e Roberto: Cs Lambretta – Mutuo Soccorso Milano

Caravana 2022 – Argentina Un cielo a reves

Kabawil – El otro soy yo

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INSIEME A LAS MADRE IN PIAZZA SAN MARTIN DE LA PLATA

Oggi 27 aprile la caravana italiana organizzata dall’Associazione Kabawil – El otro soy yo ha accompagnato le Madri de Plaza de Mayo nella marcia che si è tenuta in piazza San Martin di La Plata ricordando le storiche marcie delle Madri della filiale di La Plata con ospite la cantante Teresa Parodi.

Resumen da la Caravana:
Ci svegliamo con in testa ancora le conversazioni a cena della sera prima con “Indio” Pedro Benavente, maestro di tango della plazita di San Telmo, e la sua famiglia. “Per capire il peronismo a Buenos Aires bisogna partire da tempi precedenti, dagli immigrati di inizio secolo” ci ha detto nel mezzo delle conversazioni, continuando poi a raccontarci le dinamiche di lotta e poesia dei quartieri di Buenos Aires: il ruolo dei Conventillos della Boca tirati su dai migranti italiani come Severino Di Giovanni e Mario Benedetti.

Quartieri come San Telmo (sotto la pressione delle gentrificazione, come ci dimostra tirando fuori dalla tasca una fresca multa a suo carico per “disturbo della quiete pubblica” nella piazza che anima gratuitamente con la sua milonga popolare da almeno 10 anni) e Barracas, luoghi che cerchiamo adesso sulla cartina turistica per progettare una visita nei prossimi giorni.

Da programma la mattinata sarebbe dovuta cominciare con la visita all’albergo recuperato Bauer, che però con un rapido sopralluogo del giorno prima scopriamo essere chiuso a differenza di tre anni fa. Non sappiamo bene il perché, certo la pandemia non deve aver aiutato. Fatto sta che questo permette a l@s caravaner@s di riposare qualche ora in più e recuperare il jetlag. Il ritrovo diventa allora per la seconda parte della mattina durante la quale la carovana riesce a combinare due incontri.

Il primo con il sindacato FETERA (Federacion de trabajadores de la Energia de la Republica de Argentina) e con l’economista Julio Gambina, responsabile con altri docenti universitari della fondazione di investigazione sociale e politica del sindacato. Per la FETERA, operativa dal 1995) l’elemento più importante non è il mero aumento dei salari ma bensì, la difesa dell’assetto pubblico del settore delle energie (non solo elettrica ma produzione di energia nelle due varie forme dall’ idroelettrico al nucleare come ci raccontano essere al suo interno anche i lavoratori e lavoratrici di quel settori con le quali ci si confronta anche su questo controverso settore).

Chiedono ai membri della carovana di presentarci e ci si scambia informazioni circa le rispettive vertenze in Argentina (come la vicende della concessione per estrazione di idrocarburi nella località “Vaca muerta” o la più recente vertenze contro ampliamento e la privatizzazione dell’idrovia sul Rio Paranà, e che proprio domani 28 aprile la FETERA parteciperà alla manifestazione pubblica nella città di Rosario) ed in Italia (come tutte quelle vertenze nei “territori di sacrificio” nostrani nella filiere delle energie, in primis quelle fossili, che sono confluite appunto dentro la campagna nazionale “Per il Clima Fuori dal Fossile”).

Il secondo incontro avviene con Esteban Castro membro del WATERLAT – GOBACIT, una rete di investigazione, docenza e intervento transdisciplinare sul tema delle politiche e della gestione dell’acqua.
Ci mostra la notevole mole di lavoro che hanno reso gratuitamente fruibile sui loro canali virtuali ed anche in questo caso lo scambio di esperienze é denso e proficuo.

Per entrambi gli incontri però il tempo non é sufficiente per esaurire gli argomenti e quindi ci promettiamo di trovare il modo di ripete l’incontro nei giorni successivi.

Si pranza al volo con una “empanada para llevar” e si raggiungono le Madres nella loro sede. Lì c’è un pulmino ad aspettarci, direzione: La Plata.
La città a 60 km a sud della Capitale è il capoluogo della provincia bonaerense ed una località che soffrí molto durante la dittatura. Oggi ci appare una città con una popolazione davvero giovane.

Nella giornata di oggi le Madres hanno organizzato una iniziativa di commemorazione della lotta dei loro figli, in questo luogo che vide durante la dittatura una forte repressione con almeno 5.000 “desapariciones”.

Ad accoglierle diversi membri delle istituzioni locali, ma anche nazionali come la ministra Diaz del ministero delle donne, e numerose realtà studentesche e di movimento. Anche in questo caso la maggioranza delle persone sono giovani per la stragrande maggioranza giovani donne a supportare i 45 di lotta delle madres.

Tra gli interventi quello più atteso é avviamento quello di queste anziane lottatrici sociali ultranovantenni, che sanno comunque restituire ai partecipanti i ricordi di come anche da La Plata cominciò quel percorso che portò alla costituzione dell’associazione delle “Madres del Plaza de Mayo”, da donne sole, afflitte che cominciarono a viaggiare in treno verso la capitale per chiedere informazioni sui loro figli e figlie scomparse, passando ad essere proprio loro, le madri platensi, le prime a redarre “el bolettin” nel 1980 in piena dittatura.

“Fu molto difficile” ci raccontano ricordando quei tempi. “Fu una cosa folle.. Eppure riuscì” cominciando a circolare ironicamente a partire dal questore che provò a intimidirle per dissuaderle dal procedere in quel senso, ed a cui per primo lo consegnarono, con un coraggio da esempio. Da lì poi “el boletin” comincio a circolare tra le Madres fino a venir tradotto in varie lingue. “Ricordare le lotta dei ‘trentamil’ oggi significa continuare a denunciare quel progetto politico neoliberale che oggi come allora sfrutta e distrugge”. “Ricordarli oggi, significa ricordare e riprendere nelle nostre lotte di oggi la loro voglia di organizzarsi”.
“Lottare” dice alla piazza Hebe de Bonafini, é come mangiare. Chi fa politica senza lottare é debole come chi non si nutre o si nutre male, seguendo poi a condividere la lezione dei loro figli che “lottare” come “mangiare” non significare dare “quello che avanza”, “quello è beneficianza ed é quello che fanno i ricchi”. “Lottare” dicevano “los hijos” significa dare il meglio di sé stessi!.
“L’amore per gli altri e per la giustizia è l’alimento nutriente di chi lotta!”.

Di seguito le attività programmate dall’Associazione Madres Plaza de Mayo per il 45 anniversario della loro fondazione.

Attività:
La consegna “Rivendichiamo la lotta rivoluzionaria dei nostri figli” las Madres de Plaza de Mayo convocno a tutti quelli che ci hanno accompagnato sempre a ricordare, rivendicare e abbracciare, a tutti quelli che non hanno mai smesso di lottare.

ATTIVITA’ PRINCIPALI
Sabato 30 aprile 2022, ore 16:00 in Plaza de Mayo.
Faranno uso della parola politici e le Madri dell’Associazione.

– Sabato 23 aprile ore 17:00 Soles y Flores en el ECuNHi – Spazio Culturale nostri figli;
– Mercoledì 27 aprile ore 15:00 Marcia in Piazza San Martin de La Plata, ricordando le storiche marcie delle Madri della filiale di La Plata;
– Giovedì 28 aprile ore 15:30 Marcia in Plaza de Mayo dedicata alle band rock in ringraziamento dell’aiuto che hanno dato sempre per le Madri;
– Venerdì 29 aprile alle ore 16:00 Attività en Ensenada – Casa de Paco y Pepa, dovè nacque Hebe.

🤲🔥 45 años de la lucha de Madres de Plaza de Mayo

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25 Aprile 2019 Festa della Liberazione insieme alle Madri de Plaza de Mayo

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